Stefania Galegati

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Pinksummer: Il tuo lavoro rimanda alla necessita’ di costruire un mondo illusionale; si tratta di un antidoto alla realtà, da cui peraltro muovi?

Stefania Galegati: La differenza e’ puramente logica. Si dice ancora che “il sole sorge”, per esempio. Forse si tratta piuttosto di un antidoto all’abitudine. Credere in una storia implica un gesto di fiducia. Ma anche quando una storia si presenta come falsa, ci affidiamo ad essa.
La fotografia in questo senso e’ utile a trasformare la ‘menzogna’ in verità?
Lo era, fino a quando il fotomontaggio si e’ perfezionato tanto da indurre a dubitare della verita’ delle immagini. E comunque tutti hanno creduto all’uomo sulla luna, nel film Capricorn One l’allunaggio e’ ricostruito in studio, ma nessuno dubita della NASA. Il pubblico vasto non e’ ancora smaliziato: la faccia di Berlusconi e’ una maschera fatta con photoshop, ma a nessuno importa che sia falsa. Importa di piu’ che sia sempre giovane e sorridente. Come ha insegnato l’estetica dei regimi totalitari e’ piu’ efficace affidarsi a un’immagine che alla verita’ che astraiamo dai fatti. Cristo e’ bianco perche’ cosi’ vuole l’iconografia della chiesa occidentale, ma non puo’ essere vero.

P: Da Pinksummer presenti un progetto pittorico. Cosa rappresenta per te la pittura?

S.G: Un mezzo.

P: Descrivi i progetti che realizzerai per Pinksummer.

S.G: Un progetto consiste nelle prime tre opere di una serie. Sono dipinti che rappresentano storie di apparizioni, di fantasmi. Ho cercato di avere racconti diretti, di qualcuno che credesse alla verità della sua esperienza. La pittura era il metodo piu’ economico per tentare una specie di rappresentazione scientifica di fenomeni ancora misteriosi. Le storie di fantasmi fanno paura, anche se nessuno ci crede. Mi interessano i meccanismi mentali che si mettono in moto quando e’ necessario affidarsi a una storia. Non importa che siano fenomeni veri o inventati, ma mi piace che stiano su questo limite. Ho trovato molti racconti di apparizioni luminose che per la scienza sono fulmini globulari, anche se non si sa ancora bene come funzionino.

P: Hai visitato alcuni luoghi in cui si dice avvengano apparizioni; esistono i fantasmi?

S.G: Il Sig. Fusoni ha visto due monaci incappucciati vicino alla certosa di Montebenedetto, in Val di Susa: la certosa e’ disabitata dall’inizio del secolo, a causa di un’alluvione. Vicino a una cappella, all’interno dei ruderi del castello del conte Verde, vicino a Condove e’ apparso più volte un sacerdote che dice messa ed esce quasi strisciando attraverso una porta murata. Alcune persone hanno assicurato di aver visto una figura vestita d’azzurro affacciarsi alle finestre più alte del castello del Catajo, vicino a Padova: pensano che sia Lucrezia Dondi dell’Orologio, uccisa nella stanza da letto nel 1654 da uno spasimante non corrisposto.

P: L’altro progetto?

S.G: Anche il secondo progetto racconta di un incontro. E’ un video in cui il protagonista camminando per la campagna si scontra con un oggetto invisibile. La forma di quest’ultimo viene definita dai movimenti dell’uomo. L’oggetto viene disegnato dai gesti. L’uomo e’ rozzo, ha i lineamenti duri, quelli dati dalle credenze popolari e dai proverbi. L’oggetto e’ essenziale e fortemente presente. L’incontro e’ un po’ imbarazzante, come quando si incontra uno sconosciuto dal dottore. Il possibile dramma contro la demenza della situazione concede un’indecisione tragicomica.

P: Per la mostra “Migrazioni” al Centro per le Arti Contemporanee di Roma hai presentato un piccolo samurai in terracotta con in grembo del potassio 40, una sostanza radioattiva. Il rilevatore geiger e i guardiani della teca tendevano a costruire una situazione di minaccia seppur controllata. Perché sfiori il pubblico con argomenti inquietanti?

S.G: Non sono attirata dalle cose inquietanti in se’. La radioattivita’ diventa inquietante se non si pensa ad essa in maniera scientifica. Lo stesso succede con i fantasmi. Volevo che il samurai fosse un concentrato di energia e per questo e’ radioattivo.

P: Perché nella scultura ‘rischiosa’ hai messo in relazione il concetto di piccolo con l’idea di pericolo?

S.G: In realtà volevo concentrare al massimo le forze del samurai. Gli oggetti sacri e preziosi sono piccoli.

in cooperazione con: Comune di Genova, politiche giovanili, centro della creativita’