The Icelandic Love Corporation – Embody

Pinksummer: In diversi studi sulle donne islandesi, si legge che siano profondamente emancipate, senza rinunciare in nessun modo alla propria femminilità intesa anche come fertilità, tanto è vero che l’Islanda rispetto all’Occidente ha il più alto tasso di nascite, il più alto tasso di divorzi, il più alto tasso di donne che lavorano fuori di casa. Oltre al reddito pro capite tra i sei più elevati del mondo, e al paganesimo sostanziale del popolo Islandese, che i missionari cristiani non sono riusciti a intaccare in nessun modo, lo “studio etnografico” riconduceva l’attitudine alla libertà delle donne islandesi agli antenati Vichinghi e, a titolo esemplificativo, riportava un detto che ci ha fatto ridere: “The Vikings went abroad and the women ran the show….”. A proposito di emancipazione e di arti muliebri, abbiamo letto che prima di chiamarvi con il nome internazionale “The Icelandic Love Corporation”, vi chiamavate Gjörningaklúbburinn, nome per cui non avete trovato una traduzione inglese adeguata, una parola composta che rimanda alla magia, agli incantesimi, ai malefici (witchcraft), ma anche ai circoli di taglio, cucito e ricamo (sewing circles). Il cucito, il ricamo nel vostro lavoro assumono connotazioni rituali, come a evocare uno spazio protetto, un cerchio magico, atto a fare emergere forze fisiche e emozionali nel contempo. Siete un po’ streghe?

ILC: Le donne islandesi sono molto divertenti da avere intorno – almeno le nostre amiche e la maggior parte dei nostri parenti (senza far nomi). Le saghe ci parlano di grandi personaggi che usavano il sarcasmo, tra le altre cose, come arma nella loro lotta contro l’oppressione. A noi piace usare anche l’umorismo, caratteristica che in questo senso possiamo ricondurre ai nostri antenati Vichinghi. Possiamo ringraziare i nostri antenati tenaci di tutti i tempi per un sacco di cose.
Negli anni ottanta quando siamo cresciute, le nostre madri erano tutte membri dei rispettivi circoli di cucito, che si riunivano nelle loro case a turno, più o meno ogni due settimane, e abbiamo capito che lo scopo di questi club non era solo il cucito o la maglia, ma l’amicizia e la condivisione dei sentimenti. Era un’ora emancipata di risate, sostegno reciproco e ovviamente pettegolezzi. Una di noi ricorda di quando era seduta in cucina ad ascoltare la conversazione tra qualcuna di loro che stava attraversando un divorzio e un’altra che aveva un bambino gravemente malato. Altre volte parlavano di progetti per il futuro, di carriera, di femminismo e risolvevano problemi difficili con il supporto delle amiche. Questi circoli potrebbero essere un canale per tutto. L’azione politica, l’azione sociale, la guarigione: erano caratterizzati da condivisione e forte sentimento. Eppure questo tipo di assemblea di persone non è stato molto considerato nella società. Il circolo del cucito è un gruppo sociale subordinato. L’opinione generale è che un circolo di cucito sia solo un superficiale gruppo di signore che si vedono per chiacchierare e fare centrini all’uncinetto, quando si tratta in realtà di un luogo in cui si attua un processo decisionale molto importante.
Quando eravamo insieme all’Accademia islandese di Arti e Mestieri nel 1996, abbiamo iniziato a collaborare e abbiamo visto che questo accelerava sensibilmente il processo di lavoro. Attraverso la discussione, le idee grezze si manifestavano in modo più chiaro e con più mani le cose pratiche diventavano più facili. Abbiamo deciso di chiamare il gruppo Gjörningaklúbburinn, parzialmente in onore dei club di cucito, questa pratica dei nostri antenati e anche come una provocazione in quanto il lavoro dei circoli naturalmente non è considerato vero lavoro artistico. Ma al posto del prefisso ‘maglia’ o ‘cucito’ abbiamo messo ‘gjörninga’, che significa azione o performance, ma ha una connotazione connessa agli antichi atti di magia e stregoneria. La cosa divertente da un punto di vista semiotico è che la parola inglese craft può significare al tempo stesso un’attività, come fare qualcosa con le proprie mani con abilità (ma craft è comunque subordinato a art) e stregoneria. Crafty sono quelli che hanno la magia , sono intelligenti in modo ingannevole.
Ma noi non ci consideriamo streghe. Crediamo nel potere della collaborazione e che la stregoneria sia probabilmente nascosta in essa, nelle relazioni e nell’energia tra le persone, la coscienza collettiva.

P: Uno slogan del femminismo anni ’70 recitava: “Tremate le streghe son tornate!”, ma in Islanda le streghe non sono mai finite sul rogo e hanno potuto continuare a tessere tutte le loro emozioni compresa la propria sessualità lunare, senza tema di entrare in conflitto con il logos. La parola textus di fatto deriva da tessere, il testo in questo senso può essere inteso come una trama, un tessuto di parole e la lingua nella sua struttura come una scienza pre-scientifica fondata sui due concetti basilari della semantica, vale a dire il significato e l’intendimento e se non si slega il vedere dal nominare, la lingua può essere utilizzata in modo concreto, per non dire incarnato. Si entra in un ragionamento di tipo magico-naturale, assai poco androcratico e decisamente più pacifico, che sottende quella che i greci chiamavano physis. La vostra seconda personale da pinkummer si chiama “Embody” e fa parte di un progetto articolato dal titolo “Think Less – Feel More”. Si tratta di un progetto politico?

ILC: Sì, “Think Less – Feel More” si potrebbe vedere anche come un progetto politico. Una dichiarazione del genere ha due facce, perché in contrasto con il suo enunciato richiede effettivamente di pensare. Ma nella nostra mente talvolta è ancora importante smettere di contare sul pensiero razionale che siamo tutti abituati a lodare tanto e lasciare il comando al regno delle emozioni. Il pensiero razionale non ci ha salvato dalla tragedia nel mondo, forse il contrario. Sono l’amore, l’empatia e l’attività emotiva a fondare l’etica. Quindi invitiamo le persone a sentire di più, a fidarsi dei sentimenti e ascoltare le loro emozioni.
E’ vero che in epoca medioevale solo tre donne sono state bruciate sul rogo per stregoneria o eresia in Islanda, contro 19 uomini tra il 1500 e il 1700. (La storia racconta di casi in Scandinavia, dove si è dato fuoco alle streghe in gruppi). D’altra parte 18 donne sono state annegate in Islanda per una gravidanza fuori dal matrimonio (l’ultima nel 1749). Quindi dire che allora erano libere di manifestare la loro sessualità è ambiguo.
Il mistero soggetto/oggetto è ancora vivo. Un materiale e la sua natura e physis possono evocare una complessa attività emotiva. Per Embody abbiamo creato sculture materiali derivate da performance. Questo è ciò a cui si riferisce il titolo della mostra. Le sculture o gli oggetti sono l’incarnazione di una performance, il che è un po’ strano dato che la performance di solito coinvolge il corpo, ma vogliamo sottolineare che, anche se una performance implica un corpo è comunque per lo più una cosa soggettiva o spirituale. Quindi questi oggetti che presentiamo da pinksummer sono passati attraverso il mulino del pensiero e poi presentati sotto forma di azione o momenti di astratta (o non così astratta) sensazione, la performance, che successivamente è diventata qualcosa di materiale. Per questo sono una performance incarnata.
Quando abbiamo iniziato a lavorare insieme le nostre opere erano per lo più performance, ma presto abbiamo iniziato a lavorare con gli oggetti, come anche con ogni altro tipo di medium. Crediamo che tutti i nostri lavori abbiano radici nella performance.
Come la maggior parte della scultura, il nostro lavoro tridimensionale è stato creato in relazione alla forma del corpo umano e alle sue proporzioni, ma le nostre opere in più giocano sul confine tra scultura, oggetto, scenografia, costume, corpo. Affinché la nostra scultura funzioni, bisogna avvicinarla alla forma e alla soggettività di un corpo umano. In questo senso troviamo interessante investigare il rapporto tra materia ed emozione.
E ora sospettiamo anche che sia il materiale stesso ad alimentare un sentimento in se stesso, basato sull’esperienza acquisita nel corso delle performance. Il che confonde ulteriormente la distinzione tra materiale, oggetti e performance.
Una delle opere in mostra è una gigantesca tessitura di collant in nylon, che nel suo carattere colorato e stratificato acquista qualità spirituali o sciamaniche, nonostante sia piuttosto geometrica rispetto alle qualità strutturali. Proprio come il linguaggio: anche se di natura strutturale, con le sue regole e la grammatica, ha qualità magiche.

P: Nel film del 1960 diretto da Vittorio De Sica tratto dal romanzo omonimo di Alberto Moravia “La Ciociara”, c’è una scena molto drammatica in cui Cesira, interpreta da Sofia Loren, prende a schiaffi la figlia tredicenne Rosetta che si era concessa al camionista Florindo in cambio di calze di nylon. La ragazza poco prima era stata violentata con la madre da un gruppo di soldati nord africani, che le avevano scovate in una chiesa diroccata, nel viaggio di ritorno a Roma da cui erano sfollate per sfuggire ai bombardamenti della seconda guerra mondiale. Le calze di nylon assumono in questo film un valore emblematico, di passaggio traumatizzante dall’età infantile all’età adulta della donna.
Sembra che per le donne che vivevano al di là della cortina di ferro, i collant incarnassero il sogno del ricco stile di vita occidentale e che, fino a non molto tempo fa, si potevano vedere le ragazze dell’Europa dell’est, indossare i collant anche nell’afa estiva come emblema di una condizione di benessere economico finalmente acquisito.
Su Wikipedia viene riportato che i collant sebbene siano considerati calze, non lo sono esattamente e anche che in Occidente sono un articolo femminile, ma che la situazione potrebbe cambiare da un momento all’altro, tanto è vero che gli stilisti hanno iniziato a introdurli nei defilé maschili, e i produttori hanno iniziato a proporli in Europa anche per i maschi proprio in virtù della crescente domanda.
Forse avevamo già toccato l’argomento nello scorso comunicato, ma ci piace tornare sul tema dei collant, essendo un materiale privilegiato e ricorrente nel vostro lavoro.

ILC: Abbiamo un lungo rapporto con il nylon. Abbiamo usato collant di nylon per scopi diversi. Come collant, ma anche per fare dipinti, sculture e installazioni. Possono essere utilizzati in una sorprendente varietà di modi.
Fin dalla prima infanzia la maggior parte delle donne del mondo occidentale ha un’ esperienza in qualche modo particolare con questo materiale . Come dite voi, tutto ciò riguarda ancora soprattutto l’ambito femminile, ma con l’interscambiabilità contemporanea tra tutti i tipi di generi e di identità, è diventato più attraente per gente di ogni tipo.
In Islanda riconosciamo la stessa figura di “svergognata” che descrivete in riferimento al film di Vittorio De Sica, perché i soldati inglesi e americani che hanno occupato l’Islanda (allora colonia della Danimarca), durante la seconda guerra mondiale, hanno dato alle donne e alle ragazze locali collant di nylon in cambio di favori sessuali. Ma perché questa gente li aveva portati con sé? Era un atto di guerra o una mossa imperialista equipaggiare tutti i soldati con qualche paia di calze di nylon? Oppure li hanno portati di spontanea volontà, per ogni evenienza? Si tratta di un argomento di ricerca interessante.
Il nylon e in particolare i collant di nylon sono oggetti molto interessanti in quanto tali, perché sollevano reazioni emotive diverse. Il nylon è decisamente un pezzo forte nell’ambito dei materiali. Le calze di nylon sono state commercializzate nel 1939 e subito divennero molto popolari. Il Nylon fu prodotto inizialmente da DuPont nel 1935 e ha questo intricato e contorto rapporto con la guerra, la vittoria del capitalismo e il pensiero occidentale in genere.
E’ un’invenzione abbastanza divina in sé. Realizzata in crudo greggio, è la replica del filo di baco precedentemente utilizzato per fare calze molto costose, ma più forte e più sottile, e in quanto tale, è simbolo di come la tecnologia si sforzi di replicare le creazioni della natura di solito in un modo molto goffo, ma con il nylon ha funzionato! Il nylon è un materiale sfaccettato. Super forte e super flessibile, ideale e molto attraente per le sue caratteristiche. Ma se c’è una piccola smagliatura tutto si strappa… (come talvolta accade nella società o nella vita in generale). Così abbiamo sentimenti ambivalenti nei confronti del nylon. Il sintetico è un segno distintivo. Ovviamente, rappresenta tutto ciò che sta distruggendo il pianeta. Industrializzazione fuori controllo, consumismo e cultura dell’usa e getta. Ma le calze di nylon che abbiamo usato per diversi anni hanno ben poco valore commerciale, le recuperiamo da una fabbrica in Finlandia (l’ultima fabbrica in Scandinavia che produce calze di nylon) ed è per lo più roba che butterebbero nel cestino comunque. Scarti di fabbrica. Quindi anche questo gira intorno all’idea di valore. Stiamo lavorando con i materiali che non hanno valore, ma ancora ricordano oggetti di valore e oggetti di dominio: dominio sulla natura, sul corpo femminile, sull’anima femminile. Eppure amiamo i collant di nylon. Sono un grande dono all’umanità e per tutte le persone che amano indossarli.

P: Raccontate della mostra da pinksummer e della performance che presenterete nello White Hole di Space Caviar?

ILC: Mostreremo una documentazione video della nostra performance “Think Less- Feel More”, e oggetti che incarnano questa performance e il suo spirito.
“Think Less- Feel More” presenta l’interazione su più livelli di diversi simboli e miti, che potrebbero apparire astratti a prima vista, ma che sono in realtà immagini familiari che riconosciamo nella nostra cultura collettiva. Il lavoro solleva interrogativi sulle strutture di potere, il controllo, il caos, l’abbondanza, l’attività e la passività, che sottolineano le regole i sistemi invisibili nella nostra società. Ventuno performers, attori, musicisti, ballerini e un architetto, hanno preso parte allo spettacolo che è durato circa 51 minuti ed è stato eseguito dodici volte presso la Galleria Nazionale d’Islanda. Solo quaranta persone alla volta potevano partecipare alle sessioni ed erano tutti tenuti a indossare abiti neri.
Durante il processo, dopo che abbiamo fatto la performance e abbiamo iniziato a concentrarci sull’elemento scultoreo, questi oggetti che esporremo da pinksummer hanno assunto la loro forma propria e gradatamente si sono allontanati dalla performance dalla quale hanno avuto origine. Questo è il processo naturale di tutte le entità. Quindi sarà molto interessante vederle nello spazio reale della galleria.
Tutto il nostro lavoro è collegato. Una cosa ne genera un’altra e una cosa nuova è in grado di far luce su quello che stava succedendo precedentemente. Quindi è una ragnatela piuttosto che una progressione cronologica. Questi nuovi lavori sono realizzati con materiali simili a quelli che abbiamo usato precedentemente , cose naturali accostate a materiali sintetici. Tutti oggetti abbastanza consueti, ma presentati in maniera nuova e inaspettata. Così ci colleghiamo con l’eredità surrealista creando qualcosa di nuovo da cose familiari.
Siamo tre persone che lavorano insieme e dipendiamo molto dall’intuizione e dal flusso. Le idee fluiscono tra noi e l’ambiente, e noi ci connettiamo con loro e nessuno di noi ha un concetto del tutto chiaro e razionale di cosa tutto ciò significhi. È un flusso. Ma deve anche avere un senso, preferibilmente non solo un senso razionale. Attraverso l’approccio estetico speriamo di ricavare una comprensione più profonda ed estesa dell’esistenza umana.
Non sappiamo ancora esattamente cosa faremo per la nostra performance da White Hole. Avrà a che fare con la vicinanza e l’intimità e probabilmente includerà della musica disco.