Bojan Šarčević & Luca Trevisani – Pinksummer goes to Milan

Bojan Šarčević in dialogo con Luca Trevisani 

Opening: 20.12.2023 ore 18-21

Date di apertura: 20.12.2023 – 03.02.2024

Sanfermosette, Via San Fermo 7, Milano

 

 

comunicato stampa

 

«E’ attraverso la nostra pelle che siamo in relazione e in osmosi con ciò che proviene dall’ambiente esterno. Siamo in contatto con impressioni di umidità, secchezza, caldo, queste sono relazioni sensoriali e sensuali.
L’indumento di pelle è come una seconda pelle, che potrebbe essere vista come un involucro sostitutivo, essendo la nostra pelle un involucro e una sorta di indumento primario.

Un nuovo corpo di lavori che ha a che fare con il concetto di mostruosità.

La trasformazione di una giacca di pelle di seconda mano, simbolo di ribellione, indipendenza, aggressività e anche come primo strumento che ha permesso alla specie umana di regolare la temperatura del corpo nel clima duro.

Una sorta di “scuoiatura” di un indumento di moda per trasformarlo in una rappresentazione.
Inserendo nelle cuciture aperte dell’indumento gli occhi da tassodermista, la figurazione allude alla bestialità e a un presenza minacciosa che ci osserva. Il cuoio senza forma rimanda al test di Roscharch.

Il concetto di mostruosità può essere visto come una formalizzazione delle ansie perché rappresenta una manifestazione visiva delle nostre paure circa il mondo intorno a noi e il tempo in cui viviamo.

Le figure mostruose sono spesso una rappresentazione dell’ignoto, dell’anormale, del minaccioso e in quanto tali, incarnano la nostra angoscia più profonda.»

 

Bojan Šarčević

 

 

«Del taglio è una serie di coltelli in guisa degli animali che mangiamo e che tagliamo, costruiti per stabilire una corrispondenza tra forma, materiali, usi e sensi.
Un arcipelago di forme taglienti, oggetti ma anche soggetti, che si fanno carico della gestione spirituale del rapporto di forza che intercorre tra il nostro stomaco e il mondo, sublimandosi in talismani contraddittori e provocatori. Le diverse tipologie delle forme di vita, come fantasmi per mettere in crisi il nostro rapporto passivo e automatico con l’idea di cibo, dieta e materia. La morfologia del vivente come grimaldello in cui incarnare tutta una serie di tensioni e rapporti che troppo spesso rimangono silenti e invisibili, per indagare la percezione occidentale del mondo, spostarne il baricentro, dagli occhi ad altre parti della mente.
Il taglio come forma del pensiero, come figura scultorea con cui trovare le buone articolazioni del mondo, il taglio e la sua paradossale dolcezza, il taglio come gesto culturale e cultuale, come mitologema. La bocca, la mano, il nutrimento: una scrittura perenne dove la distinzione tra il sé, il corpo e l’ambiente non sono più così certe.

Il nutrimento come scambio energetico, quale incessante produzione e distruzione di forme, supremo crogiolo di metamorfosi. Che per esser compreso va formalizzato, coagulato, replicato.
Fare scultura è quel modo specifico in cui l’uomo sembra aver sempre cercato di fermare l’impermanenza della vita, per dare al tempo un corpo solido, e fare dell’attimo la Storia. È una pratica energetica, un’esperienza che incarna forze immateriali, un atto di immaginazione che unisce le parti occulte e visibili del mondo in un impasto inedito.

Tagliare, separare, ma anche raddrizzare, o liberare, è il tabù del pericolo. I coltelli sono oggetti apotropaici pensati per allontanare la malasorte, unendo una funzione protettiva e devozionale a quella decorativa. Un oggetto ordinario ma anche l’espressione di epos popolare, strumento essenziale per l’economia agropastorale, simbolo di legami sociali, incarnazione del potere.
Lavorare su un paradigma archetipico come quello del coltello, su un fossile culturale, è un modo di disarticolare la nostra idea di tecnologia, di progresso digitale e di svincolarsi dalle frenesie e dagli stereotipi del presente. Il passato è il solo futuro del nostro futuro.»

 

Luca Trevisani