Koo Jeong A – 20
Come opera ex-novo per la mostra del 2008 da pinksummer, Koo Jeong- a realizzò l’edizione da 100 chilogrammi di “Dreams & Thoughts”, una sorta di paesaggio orizzontale con picchi ascensionali, fatto di lastrine di gomme da masticare di tre colori/gusti/odori diversi. Ordinammo alla Perfetti Van Melle i 100 chili di Brooklyn, “le gomme del ponte” e, in attesa della consegna, fantasticammo arbitrariamente una pinksummer piena zeppa di chewingg-gum. Le gomme, di fatto, hanno un peso specifico incredibilmente elevato, pertanto rimanemmo profondamente deluse vedendoci consegnare una dozzina di scatolotti composti, che accatastammo in un angolo dell’ufficio, in attesa dell’arrivo di Koo. Tre giorni prima dell’apertura della mostra, durante il viaggio da Pisa, dove Koo Jeong-a era atterrata, a Genova, fummo prese dal panico, ma dissimulammo, quando l’artista, chiaccherando del più e del meno nel modo rilassato che le è proprio, ci disse che aveva realizzato, poco tempo innanzi in Giappone, una edizione da 500 kg. di “Dreams & Thoughts”, il cui processo preparatorio di spacchettamento aveva richiesto il lavoro di 10 giapponesi (che peraltro rispetto a noi italiani, danno un’idea di efficienza diversa), per ben 10 giorni. Le gomme a lastrina hanno una confezione molto accurata: arrivano, come si diceva, in una scatola di cartone pesante e non voluminosa, dentro alla quale sono contenuti una miriade di pacchetti con 5 chewing-gum per ognuno, le singole gomme hanno una cartina esterna, il cui colore dipende dal gusto e, infine, ogni lastrina è fasciata nell’alluminio foderato di velina. Con un’urgenza e una disperazione che nel “mondo vero” ci fecero senz’altro apparire un po’ lunatiche, chiamammo amici, parenti e alcuni ragazzi dell’accademia volenterosi, a dare una mano a sfasciare. Reclutammo anche dei giovani che, in quel momento, davano l’impressione di bighellonare fuori dalla galleria, offrendo in malafede 50 euro a scatolotto: circa 5 ore di lavoro in tre. Smontammo la nostra scrivania in ufficio, composta da 4 piccoli tavoli quadrati, allestendoli separati con quattro sedie per ognuno, nella stanza grande. Per tre giorni si turnarono in galleria 16 persone, senza pausa pranzo, dalla mattina alle 9 alla sera alle 9; l’ultimo giorno, quello della vigilia dell’inaugurazione, per terminare, facemmo tardi e ordinammo le pizze in galleria per tutti. Osservammo che con le diverse modalità proprie di ciascun individuo, le persone appena arrivate manifestavano le loro attitudini relazionali, alcuni prendendoci amabilmente in giro con battute ironiche rispetto alla incongruità dell’occupazione, altri semplicemente parlando. Poi, piano, piano, tutti scivolavano nel bozzolo del loro silenzio, nei sogni & pensieri, accompagnati dal mantra gestuale che quel lavoro richiedeva. Avevamo anche la sensazione che il modo in cui le gomme sfasciate venivano impilate da ognuno, raccontasse intimamente le persone. Koo arrivava nel tardo pomeriggio, si metteva in ginocchio, seduta su se stessa e procedeva fino a tarda notte, sola, in quello strano lavoro demiurgico. Ci accorgemmo tempo dopo che nessun allestitore, per quanto preciso e di fiducia, era in grado di creare la perfezione ascensionale di Koo. Rispetto alle istruzioni di montaggio di “Dreams & Thoughts”, un’opera piuttosto vulnerabile al tempo, riportate con la fotografia sul certificato di autenticità, è suggerito di seguire l’immagine come una traccia, ma viene precisato anche che ogni modifica è consentita. Capimmo che il titolo del lavoro “Dreams & Thoughts” muoveva dal processo piuttosto che dal prodotto e se vogliamo dirla tutta, non ci sembrava affatto che l’effetto (il prodotto), coincidesse con la finalità. L’odore vanigliato di “Sogni & Pensieri” aleggiò in galleria per parecchio tempo dopo la rimozione del lavoro. Viene da ragionare che il succo della questione soffia sull’immaginario dinamico dell’opera, rimandando definitivamente altrove. L’altrove in cui ci spinge Koo Jeong-a, sia in ter mini spaziali che temporali, è qualcosa che ognuno è libero di riempire con ciò che gli pare. A posteriori ci venne perfino in m ente che Koo avesse guidato, al di là di quella che in un primo momento ci era apparsa casualità, un pratica onirizzante da recepire come condizione dell’esistenza di quell’opera. Cedric Price in un testo su Koo Jeong-a per il catalogo della mostra alla Secession scrisse:
“Trasferire i sogni agli altri, in un tempo diverso è la chiave per il tesoro.
Il lavoro di Koo è sempre fresco – perché essendo senza tempo no n conosce il passato.
La percezione è attiva – mentalmente: l’osservazione passiva. (…)
Il tempo è la dimensione della delizia dell’essere di nuovo.
Raggiungere il piacere mentre si sta ancora scoprendo è un processo artistico raro che separa il processo dal prodotto, è attraverso il tempo che si attua questa separazione appagante, giacché in nessun modo va intaccare l’impeccabilità del prodotto, che di per sé oltre a essere identificabile richiede consenso. (…)
Koo presenta sia il pacco che lo spacchettato, richiedendo per essi la stessa attenzione dallo spettatore. La poesia in movimento ha bisogno sia dell’occhio che della memoria. Bisogna proiettare il lavoro di Koo nella quarta dimensione e allora l’artista gioca il suo joker – e apre l’ulteriore dimensione del meraviglioso”.
La nuova personale di Koo Jeong-a da pinksummer si intitola “Venti”, inteso come numero 20 (da precisare che in Italia venti è anche winds), e considerando che nel comunicato stampa della mostra “The Joyful Mysteries of Junior” di Georgina Starr, ci siamo trovate a raccontare di chewing-gum e di tarocchi, qui, nel comunicato della seconda personale di Koo Jeong-a da pinksummer, non volendo essere da meno, siamo corse a controllare a quale arcano corrispondesse il numero venti. Abbiamo scoperto che si tratta dell’angelo che indica trasmutazione, medianità, protezione, miracolosa guarigione, sottende un viaggio nel deserto o un pellegrinaggio in solitudine. Non ancora soddisfatte, abbiamo verificato che il ventesimo sentiero dell’albero della vita della Quabballah, è un’arcata di colore verde giallo con al centro il colore bianco brillante, ha il profumo del narciso e la severità dell’eremita, viene definito il sentiero dell’intelligenza della volontà, poiché è lo schema di tutto quello che è dotato di forma e attraverso questo stato di coscienza si può conoscere la saggezza primordiale. Del ventesimo sentiero Alisteir Crowley scrisse: “C’era un paesaggio davvero bello simile a un bosco profondo in primavera”. La nuova personale di Koo Jeong-a ha un’immagine di cane sull’invito, come la scorsa del 2008 d’altra parte, ma questa volta il cane sta uscendo dal foglio A4, trotterellando via furbetto con qualcosa di nascosto in bocca. Raccontiamo un aneddoto. Durante l’ultima edizione di Artissima, la fiera di Torino, esponemmo un lavoro di Koo Jeong-a dal titolo “State”, un piccolo cane che si era trovato, insieme ai suoi distratti padroni, a visitare il nostro stand, tentò, con un movimento rapido e inatteso, di portarsi via in bocca la parte culminante dell’opera. Dovemmo aprirgli la bocca a forza per riappropriarcene, seppure cela ritornò irrimediabilmente danneggiata. Si trattava di una banconota da 10 rupie arrotolata con la medesima perfezione delle gomme impilate dall’artista in “Dreams &Thoughts”, arrivata protetta come un tesoro da uno scatolino di velluto. La sera quando comunicammo la notizia del cane a Koo Jeong-a, dapprima rispose che avrebbe voluto conoscere quel cane, ma in un secondo messaggio si sentiva che era preoccupata e dispiaciuta. Non doveva essere stato uno scherzo costruire quel piccolo perfetto cilindro di banconota. Il cilindro delle 10 rupie, in “State”, era posto in verticale, non centrale, su una superficie quadrata di colore bianco brillante, sotto alla quale, nascoste ai sensi, occultate come in un mondo sotterraneo, a reggere tutto stanno 4 mattoncini di una pietra translucida, che potrebbe essere onice. Il lavoro sembra richiamare la complementarità tra il simbolo della montagna (axis mundi?) e della caverna, di cui dice René Guénon ne ” Il Re del Mondo”, o anche l’idea di trasmutazione (mistica?) che il viaggio di rovesciamento delle tenebre alla luce di cristallo della vetta comporta. L’oggetto della trasmutazione in “State”, non è certo accidentale, è il denaro. Koo Jeong-a ci disse al tempo che “State” era una sorta di suggestione rispetto a alcune regioni dell’Asia Centrale e in particolare, della montagna Kanchejunga, terza vetta più alta della terra, la più orientale degli 8000 dell’Himalaya. Una montagna sacra per 5 religioni, i suoi cinque picchi sono chiamati i tesori della neve. Proprio Alisteir Crowley nel 1905 tentò per primo la scalata di questa montagna difficile, una valanga uccise quattro membri della spedizione, inducendo Crowley a abbandonare lì, sia l’idea di scalare il Kanchejunga che, definitivamente, la sua carriera di alpinista mistico. Della mostra “Venti” Koo Jeong-a ci ha raccontato che esplora 20 folletti dell’umanità di transizione, ispirata dal Maestro Im Hak che ha praticato il Doon Gab/Chooz Zi fin dall’inizio del XX secolo, partendo dalla montagna Khanchezunga in Sikkim in India, attraverso Hong Chean Stones, alla montagna Bekdu in Korea. Il Doon Gab Sol è una tecnica praticata fin dall’antichità dall’uomo che cambia le figure attuali (current) in un’altra forma di essere. Il Chook Zi Breab è un’antica tecnica praticata dall’uomo che ritma il passo. Abbiamo scoperto che il monte Baekdu è la montagna sacra dei coreani, si trova in Corea del nord e qui avvenne il parto ancestrale della loro origine. Koo Jeong-a è coreana. Circa Im Hak Master, Koo ci ha avvisato che non si trova nulla su Google o Wikipedia perché, come David Deutsch o Brian Green, non vuole apparirvi. Rispetto al doon gab sool/cheook zi beab di cui Im Hak era maestro, si tratta di qualcosa simile al controllo del respiro, ma Koo ha aggiunto che capiremo meglio guardando le sue foto all’inaugurazione della mostra. Il progetto di koo Jeong-a da pinksummer consisterà in 20 immagini doppie (10+10 =20) e una o due sculture.