Georgina Starr
Pinksummer: “Per Freud c’è un legame fortissimo tra creazione artistica e infanzia intesa come un insieme di memoria e repressione. Egli associa poi l’idea d’infanzia con quella di morte: i ricordi infantili spesso sono popolati da esseri scomparsi. In molti tuoi lavori l’idea d’infanzia è centrale, pensiamo a Party , uno dei lavori che amiamo di più, in cui ci hai raccontato che per la preparazione del cibo e degli addobbi ti sei ispirata alle feste di compleanno che i tuoi genitori preparavano per te quando eri bambina. Anche per la serie Bunny Lake, tu sei partita dalla fine del film di Otto Preminger Bunny Lake is Missing chiedendoti Bunny Lake bambina si è salvata, ma che adolescente potrà mai essere? Che cosa rappresenta per te, nei tuoi lavori, l’idea di infanzia?”
Georgina Starr: “Sono interessata al fatto che l’infanzia può esistere soltanto in modo finzionale perché ne abbiamo solo il ricordo, non potrà mai essere di nuovo reale. Ho incentrato parecchi lavori su questo tema, ma specialmente la serie Bunny Lake. Il ricordo del film risaliva a quando lo vidi da bambina. Questo ha fatto riaffiorare la storia personale di ciò che stava accadendo allora nella mia vita reale. Il rapporto con mia sorella e il ricordo di lei sono diventati una specie di parallelo rispetto a ciò che accade nel film. L’idea della bambina scomparsa, il rapimento e la vendetta erano sentimenti racchiusi dentro di me proprio come i temi che ho trattato nella finzione filmica. Sia Bunny Lake is Missing che Target hanno a che fare con persone che provano rabbia per qualcosa che è accaduto nel passato e sentono la necessità distruttiva della vendetta. Ho visto un parallelo con mia sorella che era stata salvata dall’abbandono e Bunny che è stata ‘salvata’ alla fine del film. E per questo che nel libro di Bunny Lake mi sono chiesta: ‘Possiamo salvarla? Noi tutti ci provammo. Nel profondo, penso che lei non volesse per niente essere salvata’. Per il semplice fatto che Bunny Lake sia stata salvata, non significa che il trauma non l’affligga. Allo stesso modo mia sorella è stata salvata da noi, ma non è stato abbastanza.”
P: Al tuo luccicante party non si è presentato nessuno, le aspettative di festa sono state disattese e si è tramutato in qualcosa di tristissimo, mentre l’essenza di Bunny Lake è sintetizzata dalla scritta rosa, grassottella, un po’ anni ‘70, della copertina del 45 giri in vinile bianco che rappresenta la colonna sonora del progetto: la colatura rosa delle lettere sullo sfondo nero è terribilmente sinistra. Sia in Party che in Bunny Lake c’è un forte pessimismo: il tempo, la realtà spazzano via le illusioni di gioia e di vita?
G.S: Penso che tutti i miei lavori abbiano un lato sinistro, per quanto gioiosi e colorati possano sembrare apparentemente. Nella fiction di Party, vediamo una donna molto felice di trascorrere il tempo sola. In realtà sappiamo che non avere ospiti a un party è un’esperienza triste e deprimente e non ci sono lustrini e colori che possano cambiare ciò. Ma il lavoro è molto più complicato, perché esso esiste sia come video (finzione), ma in quel momento ero realmente io che per tre giorni ho dato un party sola. Il video ha differenti livelli.
P: Quando venimmo a Londra a vedere Bunny Lake Drive In nella fabbrica dismessa ci siamo accorte, ancor più di quando presentasti Bunny Lake Collection alla Biennale di Venezia e prima da Pinksummer, di come il tuo lavoro fosse in qualche modo una metafora della memoria, stiamo pensando a tutto l’insieme della mostra, così precisa, ma in particolare allo schermo bucato, sul retro del quale venivano proiettati spezzoni di Bunny Lake is Missing e Target, da considerarsi quali nuclei elementari originari, da te colonizzati e re-immaginati per creare una nuova storia. L’antropologia da sempre considera questa negoziazione tra immaginario individuale e immagini collettive. Cosa rappresenta per te il cinema?
G.S: Sono sempre stata affascinata dal potere dell’immagine cinematografica. Sono cresciuta con una madre ossessionata dai film degli anni ‘40 e ‘50. Guardavamo i film insieme e qualche volta io avrei preferito vivere dentro quei film piuttosto che in una qualsiasi vita reale. Quando ero bambina il confine tra realtà e finzione era evanescente. Ero poi più coinvolta e influenzata dai film. Ho un forte ricordo di alcuni film che ho visto, e questi si fondono con ciò che stava succedendo nella mia vita reale quando li vidi. In un mio lavoro del 1995 Visit to a Small Planet ho riscritto la trama del film originale dal ricordo di esso, ma ho incluso ciò che stava succedendo nella mia vita quando lo vidi a 10 anni. Ho attualizzato momenti dal film e dalla vita reale. Nel lavoro di Bunny Lake invece di attualizzare sono andata oltre a ciò che accade nel film immaginando che cosa certi personaggi avrebbero potuto fare dopo, e interpretando le loro prossime mosse, per creare un nuovo lavoro.
P: Sappiamo che hai incontrato poco tempo fa l’attrice che interpretò nel ‘65 la bambina scomparsa e ritrovata Bunny Lake. Che cosa vi siete dette, che ricordo ne ha, perché hai voluto incontrarla?
G.S: Si ho incontrato Suky Appleby l’attrice che ha recitato Bunny Lake. Ho sempre pensato che mi sarebbe piaciuto conoscerla. Sapevo che lei aveva recitato solamente in due film Bunny Lake is Missing e Eye of the Devil per questo sarebbe stato difficile rintracciarla, dato che aveva solo 5 anni quando i film furono girati. Quest’anno ho iniziato a lavorare su una sinossi per un copione e ho pensato molto all’attrice e a chi o cosa oggi lei fosse. Ho trascorso l’intera estate scrivendo (fiction) su di lei e quando sono tornata a casa ho deciso che era tempo per provare a incontrarla. Attraverso una serie di fortuite coincidenze sono riuscita a scriverle, senza ancora sapere se fosse realmente lei. Ma lo era. Ci siamo incontrate il mese scorso e abbiamo trascorso 5 ore assieme. Ha parlato molto apertamente circa le sue esperienze durante le riprese dei due film. Mi ha raccontato tutto in ogni dettaglio, e avrebbe potuto descrivere i set, gli altri attori e i registi come se si trattasse del giorno prima. Per varie ragioni non posso scendere troppo nei dettagli per un problema di rispetto, tutto era così personale ed era così profondamente coinvolta da quelle esperienze. Ciò che ho trovato molto interessante era il parallelo tra la mia Bunny Lake finzionale e la Bunny Lake reale, si trovavano certe corrispondenze così affascinanti. Il mio copione sta ancora evolvendo e spero di usare la mia versione finzionale sul suo personaggio come punto di partenza per la nuova narrazione. Il secondo film che ‘Bunny’ ha fatto era il primo in cui ha recitato Sharon Tate nel 1966. Il film è stato realizzato insieme a un documentario su Sharon Tate (All Eyes on Sharon Tate) e lanciava l’attrice come una nuova stella destinata a diventare una star. Sharon Tate in realtà non ha avuto il tempo di vedere la sua luce risplendere in quanto fu assassinata nel 1969 all’età di 26 anni.
P: I tuoi progetti sono racconti, talvolta sono tanti episodi che formano un racconto, ogni opera è il frammento di un racconto, una traccia, una frase sottolineata nel tuo immaginario. Narrare significa essere qui e ora, ma rimanda sempre all’altrove, a un altro tempo e a un altro spazio. Cosa significa per te raccontare? Quando senti che una storia si è esaurita?
G.S: Suppongo che la storia andrà avanti fino a quando saprò istintivamente che è arrivato il tempo di farla finire. Ho lavorato sul tema Bunny Lake per oltre 4 anni, non avrei mai creduto che potesse andare avanti per così tanto tempo. Normalmente i miei progetti prendono un anno o meno di realizzazione. Dipende da quanto il soggetto mi interessa. Posso annoiarmi facilmente, ma in questo caso non è successo, c’era sempre una nuova parte da esplorare. Pensavo che sarebbe finita quando ho ricostruito il giardino a Roma. Bunny aveva chiuso il cerchio: Dalla prima volta in cui l’ho vista nel giardino del film di Preminger, all’introduzione nei miei lavori di The Bunny Lakes are Coming, si è trasformata poi in Bunny Lake Collection e Bunny Lake Drive-In, e adesso era tornata nel giardino.
P: Cosa presenterai da pinksummer?
G.S: Per quest’ultimo episodio della serie Bunny Lake mostrerò una nuova video installazione Inside Bunny Lake Garden. Il lavoro é iniziato a Villa Medici a Roma dove ho ricostruito il giardino rifacendomi all’ultima scena del film di Otto Preminger. Questo giardino, delimitato da un impenetrabile muro di mattoni e una fossa della misura di un bambino, era usato per filmare il video per Inside Bunny Lake Garden. Mostrerò due video proiezioni che seguiranno simultaneamente l’azione della sequenza finale del film reale (Bunny Lake is missing), seguendo i movimenti della giovane Bunny Lake che sembra prigioniera nel giardino ricostruito. Ci sono nel video sottotitoli che riportano un testo che ho scritto e pubblicato nel recente libro The Bunny Lakes. Il testo mostra che il tema Bunny Lake non solo prende la sua ispirazione dai due film degli anni ‘60, ma anche da una più personale storia di vita reale. Il giardino di Roma non ha potuto esistere a lungo così ho fatto un modello in scala che sarà in mostra. E’ identico all’originale ed é stato utilizzato anche per girare alcune parti del video.