Guy Ben-Ner – Soundtrack

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Spazio temporaneo aggiunto Piazza Matteotti 46R

Fu la scorsa estate che Guy Ben-Ner ci scrisse mettendoci a parte circa l’idea fondante del suo nuovo film Soundtrack, il cui working title era Parasites. Ben-Ner voleva muovere da un ready made, parte della colonna sonora di La guerra dei mondi di Steven Spielberg del 2005, per costruire il divenire delle immagini nella cornice che più connota la sua produzione di filmaker, la dimensione familiare e domestica.
Ci venne subito in mente che Slavoj Žižek aveva citato il medesimo film di Spielberg nella disamina sul mito ideologico della famiglia in In difesa delle cause perse. Il filosofo sloveno in quel saggio afferma che ogni narrazione riguardante la famiglia è un’operazione fondamentalmente ideologica e, in questo senso, il cinema hollywoodiano, definito “macchina ideologica per eccellenza”, è un esempio cristallino. Žižek osserva che tutto nella produzione hollywoodiana, dagli asteroidi alla Rivoluzione di Ottobre, è trasportato dentro alla dimensione edipica della famiglia. Per mettere in atto la mistificazione, il codice tipico di Hollywood intreccia due trame: una apparentemente maggiore a spettro sociale più ampio, l’altra d’interesse umano. In genere la prima trama è una catastrofe che minaccia di distruggere l’umanità, mentre l’altra è centrata su un dramma familiare. Secondo Žižek questo secondo intreccio è ciò di cui realmente tratta la narrazione. In La guerra dei mondi Žižek sostiene che l’invasione aliena è solo un pretesto utile a risvegliare gli istinti paterni e a riguadagnare il rispetto dei suoi figli al personaggio interpretato da Tom Cruise, un padre divorziato lavoratore che fino all’attacco alieno trascurava i suoi bambini. La minaccia esterna si dissolve sempre per incanto nel lieto fine, non appena il nodo familiare si risolve. La minaccia spettacolarizzata, in questo senso, conclude Žižek, non è altro che l’estensione metaforica di un problema privato.
In fondo ci poteva stare aprioristicamente, che Guy Ben-ner portando a casa la colonna sonora di La guerra dei mondi, avesse ristabilito, con l’umorismo che lo connota, l’ordine gerarchico che compete rispetto ai due intrecci, sottolineando in questo modo la mistificazione ideologizzante. Eravamo invece fuori strada, ce ne siamo accorte guardando Soundtrack e prima ancora il frame scelto da Ben-Ner per l’invito di pinksummer. In quell’immagine, secca e impeccabile, quasi geometrica, si vede riflesso sull’esterno del vetro dell’appartamento in cui l’artista ha girato la parte maggiore del film, probabilmente il suo appartamento, un caccia intercettore immerso in un cielo di un grigio azzurro catodico. E’davvero strano, ma quell’immagine dell’aereo che compare, mediato dal vetro diaframmatico come da un monitor, pur sottendendo la guerra, magari quel genere di guerre che vengono chiamate da un po’ di tempo preventive contro il terrorismo, appare lì quasi rassicurante. Non a caso, poco prima, la giovane comparsa nella lavanderia a gettoni, dove l’artista che interpreta il personaggio principale, era andato a recuperare il calzino dimenticato della figlia, lamenta l’assenza di aerei e elicotteri nel cielo di Tel Aviv. Il ragazzo della lavanderia sottolinea come lo stato di eccezione, il vuoto di diritto, centrato dalla governance planetaria, sui concetti complementari di sicurezza e terrore, sia ovunque, ma forse a Tel Aviv più concretamente, in qualche modo la nuova forma di normalità. Non è un caso che anche i ragazzi, i figli maggiori dell’artista, nel film e nella vita, rientrando a casa trovando il disastro e il padre in preda al panico, guardandosi tra loro stupiti senza capire e nella necessità di dare una forma alla paura paterna, chiedano se si tratti di un attacco terroristico. Il padre risponde che non è di attacco terroristico che si tratta, alludendo piuttosto alla minaccia di qualcosa di indefinito che viene da altrove. I ragazzi nel tentativo disperato di razionalizzare, insistono per sapere se l’indefinibile terrore provenga dall’Europa, un luogo certo sulla cartina geografica. Il padre si spazientisce abdicando al dovere di spiegare. Ben- Ner in questo film sembra rifarsi all’ ontologia politica della contemporaneità che induce attraverso i media, la televisione, una paura metafisica e irrazionale che viene da profondità remote (non dal cielo), sovranazionali e senza luogo, inenarrabili e inermizzanti. L’idea di azione in Soundtrack è dettata da quell’altrove e non è in alcun modo conforme al senso empirico, è assurda e contagiosa. Il film potrebbe essere sottotitolato forse necessitas legem non habet, non importa poi se la necessità non è reale, ma meramente astratta. Michel Focault afferma che per la biopolitica degli stati contemporanei la posta più alta in gioco è la nuda vita, quella vita biologica che dall’antichità greca alla modernità ha rappresentato il fondamento negativo del potere: l’esclusa. In quel tempo il luogo della vita nuda era la casa e il luogo della vita pubblica e dunque della politica era la città. Soundtrack racconta forse dell’abolizione della vita nuda e dei suoi effetti sulla verticalizzazione della politica non partecipata. Da qui quel recupero del valore della regressione, sul finale, in cui tutti, adulti e bambini invocano istericamente il ritorno della madre o meglio della mamma.